Riflessione senza pretese

La corrente del fiume ci porta verso la sponda esterna, una pagaiata di aggiustamento e il gommone si raddrizza, i ragazzi iniziano a prendere confidenza con questo nuovo attrezzo, superiamo il ponte della Gobba.
"Stooop!"
Con disciplina i giovani pagaiatori estraggono le pagaie dall'acqua e le appoggiano sulle gambe. Anche oggi ho l'onore di guidare una classe di studenti in un raft:
"Benvenuti nel Parco Naturale Regionale del Fiume Sile!"
E' la nostra frase d'iniziazione, una sorta di chiave per aprire le porte di questo viaggio lungo il fiume. È così che mi piace iniziare le spiegazioni durante la discesa, mi piace far capire che siamo in un parco, mi piace perché mi da soddifazione e riempie di contenuto il mio lavoro. Soprattutto mi piace pensarmi come uno strumento che accompagna, descrive i luoghi che si attraversano, le vicissitudini del tempo, la nostra storia. Adoro guidare l'attenzione delle persone prima su un elemento architettonico, poi sul volo di un marangone. Lo trovo estremamente appagante perché mi restituisce il senso di aggiungere un tassello, seppur piccolo, nella loro crescita di individui.
Il mio è un lavoro capace di regalare emozioni forti da diversi punti di vista: quello umano, quello sociale e quello culturale. Certo, a volte queste emozioni impattano con i miei “buchi” (o aree di miglioramento), ma non potrebbe essere altrimenti. Il rovescio della medaglia sono le difficoltà nel rapportarti con un mondo in cui tutto questo è pressoché ignorato, centrato sull'individualismo spinto, sull'economia più sfacciata, sulla legge del più furbo. Forse sarebbe più facile assecondare tutto questo, anche solo per seguire la massa, ma poi sul mio volto nasce un'espressione ebete e penso che proprio non ce la farei.
Andrea